Mancata ricezione della fattura per gli acquisti in ambito UE

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Nei casi in cui il cessionario dell’acquisto intracomunitario di beni, o il committente di servizi, non riceva entro il secondo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione la fattura da parte del cedente/prestatore comunitario, dovrà procedere secondo le modalità che presentiamo qui di seguito (con i relativi impatti sanzionatori).

Indice

1. Autofattura emessa entro il 15 del terzo mese successivo
2. La presentazione degli elenchi Intrastat omessi
3. La comunicazione delle operazioni transfrontaliere
4. Profili sanzionatori

1. Autofattura emessa entro il 15 del terzo mese successivo

Qualora l’autofattura sia emessa da parte del cessionario/committente entro il 15 del terzo mese successivo rispetto al momento di effettuazione dell’operazione (ai sensi dell’art. 39 del DL n. 331/1993 ovvero art. 6 del DPR n. 633/1972), si ritiene che non torni applicabile alcuna sanzione ai fini dell’omesso reverse charge legato all’acquisto intracomunitario o al servizio in ambito comunitario. Infatti, il meccanismo dell’autofattura (che di fatto rappresenta un’autofattura denuncia) fa venire meno gli aspetti sanzionatori legati all’omesso reverse charge. Invece, nel caso in cui l’autofattura sia emessa dal cessionario/committente nazionale oltre tale termine, sembra ragionevole ritenere che vada applicata la sanzione base, pari ad Euro 500 (comma 9-bis dell’art. 6 del D.Lgs. n. 471/1997), che andrà poi ridotta per effetto del ravvedimento operoso.

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Si ritiene inoltre che non torni applicabile alcuna sanzione ai fini dell’omessa presentazione degli elenchi Intrastat beni lato acquisti. Ciò in considerazione del fatto che, il meccanismo dell’autofattura in esame (che di fatto rappresenta un’autofattura denuncia) serve allo scopo di non essere poi sanzionati da parte dell’Amministrazione finanziaria. Invece, nel caso in cui l’autofattura sia emessa dal cessionario/committente nazionale oltre tale termine sembra ragionevole ritenere che vada applicata la sanzione base, pari ad Euro 500 (art.11, 4° comma del D.Lgs. n. 471/1997).

Per la violazione in esame è possibile avvalersi dell’istituto del ravvedimento operoso, di cui all’art. 13 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 (la sanzione si paga con F24, codice tributo 8911, indicando quale anno di riferimento quello cui la violazione si riferisce). Per beneficiare della riduzione a 1/8 (ovvero Euro 62,50) del minimo della sanzione, il ravvedimento dovrà avvenire entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui l’omissione è stata commessa (quindi, se l’omissione riguarda il 2021, il termine per il ravvedimento è il 30 aprile 2022, prendendo come riferimento il termine per la dichiarazione IVA). Qualora il ravvedimento sia effettuato entro i 90 gg successivi alla scadenza del termine di presentazione dell’elenco Intrastat la sanzione sarà pari a 1/9 del minimo, ovvero Euro 55,56.

2. La presentazione degli elenchi Intrastat omessi

Con riferimento alla presentazione degli elenchi Intrastat omessi (per meglio dire qualora gli elenchi Intrastat siano stati già presentati con omissione delle operazioni oggetto di autofattura), sia nel caso in cui si proceda o no al ravvedimento, si ritiene che gli stessi vadano presentati indicando unicamente le operazioni non comunicate (quindi non anche quelle già trasmesse). Ciò in considerazione del fatto che vi sarebbe una duplicazione di invio. A tali conclusioni si perviene sia in base alle istruzioni che accompagnano i modelli nonché in base alla CM n. 36/E del 21 giugno 2010.

3. La comunicazione delle operazioni transfrontaliere

Ai fini della comunicazione delle operazioni transfrontaliere (c.d. esterometro), l’acquisto intracomunitario andrà indicato nel blocco DTR riportando data e numero dell’autofattura con riferimento al mese di registrazione.

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4. Profili sanzionatori

Vediamo ora, in maniera schematica, le sanzioni in tema di reverse charge e autofattura dal 1° gennaio 2016 (fermo restando il fatto che risulta possibile utilizzare lo strumento del ravvedimento operoso di cui all’art. 13 del Dlgs. n° 472 del 1997)

Casistica di errata applicazione del reverse charge e autofattura Sanzione
Emissione da parte del cedente/prestatore di fattura corretta senza applicazione dell’IVA (in quanto soggetta a reverse charge) e cessionario/committente non procede agli adempimenti connessi al meccanismo del reverse charge (comma 9-bis dell’art. 6 del D.Lgs. n. 471/1997) Se la fattura risulta dalla contabilità ai fini delle imposte dirette (ancorché non transitata dai registri IVA), è applicabile una sanzione fissa tra 500 e 20.000 euro. Si fa presente, comunque, che la sanzione fissa si applica solo quando l’IVA non assolta sarebbe stata detraibile, non essendovi, in questa ipotesi, alcun danno per l’Erario.
In caso contrario resta ferma la sanzione proporzionale, commisurata all’imposta che il destinatario della fattura non avrebbe potuto detrarre (da cumulare con quella per l’infedele dichiarazione ex art. 5, comma 4, del D.Lgs. n. 471/1997).
Invece, se la fattura non risulta neppure dalle scritture contabili, sarà applicabile una sanzione proporzionale, dal 5 al 10 per cento dell’imponibile, con un minimo di euro 1.000.
Ipotesi in cui il cedente/prestatore non proceda ad emettere la fattura entro 4 mesi dall’operazione e il cessionario/committente non provveda ad emettere apposita autofattura denuncia, entro 30 giorni dall’omissione (comma 9-bis dell’art. 6 del D.Lgs. n. 471/1997) In tale caso, sono applicabili le medesime sanzioni di cui al punto precedente, tenendo presente che tale disposizione si applica anche nei casi in cui il cedente/prestatore abbia emesso fattura irregolare.
Irregolare assolvimento dell’imposta. L’imposta è stata applicata ordinariamente e versata dal cedente/prestatore in luogo dell’applicazione del reverse charge da parte del cessionario/committente (comma 9-bis1 dell’art. 6 del D.Lgs. n. 471/1997) Applicazione di una sanzione in misura fissa (da 250 a 10.000 euro) nel caso in cui l’IVA sia stata applicata ordinariamente e versata dal cedente/prestatore in luogo dell’applicazione del reverse charge. In tal caso la sanzione sarà irrogata al cessionario/committente, che è il vero debitore dell’imposta, con solidarietà del cedente/prestatore.
È comunque fatto salvo il diritto alla detrazione ed è evitato l’obbligo di regolarizzazione dell’operazione in capo al cessionario/committente.
Sarà invece applicabile al cessionario/committente una sanzione più grave (dal 90 al 180 per cento dell’imposta), quando l’applicazione dell’imposta in regime ordinario in luogo del reverse charge è determinata da intenti fraudolenti.
Operazioni che ricadono in regime ordinario, ma per le quali è stato erroneamente applicato il reverse charge con assolvimento del tributo da parte del cessionario/committente, il quale mantiene il diritto di detrazione IVA (comma 9-bis2 dell’art. 6 del D.Lgs. n. 471/1997) Sanzione fissa da 250 a 10.000 euro in capo al cedente/prestatore (con la solidarietà del cessionario/committente).
Se le violazioni dipendono da intenti evasivi o frodatori di cui sia provata la consapevolezza della controparte, scattano le sanzioni proporzionali dal 90 al 180 per cento dell’imposta.
Ipotesi in cui il cessionario/committente abbia erroneamente assolto l’imposta in reverse charge per operazioni che sono invece esenti, non imponibili o non soggette a IVA (comma 9-bis3 dell’art. 6 del D.Lgs. n. 471/1997) In sede di accertamento, gli Uffici dovranno provvedere a eliminare il credito e il debito erroneamente confluiti nelle liquidazioni eseguite dal cessionario/committente, neutralizzando in tal modo gli effetti dell’errore. In tali ipotesi non sono applicabili sanzioni di alcun tipo. Inoltre, il cessionario/committente potrà recuperare l’IVA assolta in inversione e non detratta per ragioni di indetraibilità oggettiva o soggettiva (si pensi, ad esempio, al pro-rata). Il recupero dell’IVA avverrà mediante nota di variazione in diminuzione, di cui all’art. 26, terzo comma, del D.P.R. n. 633/1972 (entro un anno) oppure attraverso apposita istanza di rimborso ai sensi dell’art. 21, comma 2, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (nel termine di due anni).
ATTENZIONE:
La medesima disposizione, con neutralizzazione del debito/credito IVA, è applicabile anche qualora l’operazione per cui è stato applicato il regime dell’inversione contabile sia inesistente; tuttavia, in tal caso, la sanzione è dovuta e la sua misura varia in misura proporzionale dal 5 al 10 per cento dell’imponibile, con un minimo di 1.000 euro.

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