Stop al denaro contante per le retribuzioni

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Dal 1° luglio 2018 scatta per i datori di lavoro o committenti il divieto di pagamento in contanti degli stipendi. Il nuovo obbligo non si applica ai rapporti di lavoro instaurati con la Pubblica Amministrazione e ai rapporti di lavoro con addetti ai servizi domestici di almeno 4 ore giornaliere presso lo stesso datore di lavoro.

Questa previsione normativa è contenuta nei commi 910-911-912 della Legge di Bilancio 2018 (Legge 205/2017) i quali prevedono che a far data dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro o committenti corrispondano ai lavoratori la retribuzione, nonché ogni anticipo di essa, attraverso una banca o un ufficio postale con uno dei seguenti mezzi:

  • bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore;
  • strumenti di pagamento elettronico;
  • pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;
  • emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato.
    L’impedimento s’intende comprovato quando il delegato a ricevere il pagamento è il coniuge, il convivente o un familiare, in linea retta o collaterale, del lavoratore, purché di età non inferiore a 16 anni.

I datori di lavoro o committenti non possono corrispondere la retribuzione per mezzo di denaro contante direttamente al lavoratore, qualunque sia la tipologia del rapporto di lavoro instaurato.

Si intende ogni rapporto di lavoro subordinato di cui all’articolo 2094 del codice civile, indipendentemente dalle modalità di svolgimento della prestazione e dalla durata del rapporto, nonché ogni rapporto di lavoro originato da contratti di collaborazione coordinata e continuativa e da contratti di lavoro instaurati in qualsiasi forma dalle cooperative con i propri soci ai sensi della Legge 3 aprile 2001, n. 142.
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Dalla lettura della norma si ritiene siano escluse dal divieto di pagamento in contanti le altre forme di rapporto di lavoro come quello autonomo, le borse di studio, le attività di amministratore di società o i pagamenti relativi a compensi di lavoro autonomo occasionale (le cosiddette collaborazioni occasionali con ritenuta d’acconto).

Sempre seguendo il tenore letterale della norma si può ritenere che siano soggette ai nuovi obblighi solo le retribuzioni, escludendo dal divieto di pagamento in contanti tutte le altre somme corrisposte ai lavoratori che non rappresentano una retribuzione: in particolare i rimborsi spese per trasferte.

Al datore di lavoro o committente che viola questi obblighi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da 1.000 euro a 5.000 euro.

Si tratta di un’ulteriore limitazione all’uso del contante che va ad aggiungersi alla nuova limitazione prevista dai successivi commi 922-923 della Legge di Bilancio in merito alla deducibilità dei costi e detraibilità dell’IVA relativa ai rifornimenti di carburante, e alle limitazioni già presenti in tema di normativa antiriciclaggio di cui all’art. 49 del D.Lgs. 231/2007 che vieta il trasferimento di denaro contante, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, siano essi persone fisiche o giuridiche, quando il valore oggetto di trasferimento sia complessivamente pari o superiore a 3.000 euro.

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