Indicatori della crisi: protocollo d’intesa tra CNDCEC e Cerved

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Una delle novità più significative introdotte dal Codice della Crisi e dell’Insolvenza, come ormai ben recepito da parte di tutti i soggetti interessati, è l’utilizzo degli strumenti di allerta. La dicitura utilizzata dal legislatore, ovvero “strumento” e non “procedura”, sottolinea che trattasi di un meccanismo strutturato. In questa prospettiva gli indicatori della crisi rappresentano un valido strumento di allerta a disposizione di tutti i debitori che svolgono attività d’impresa, ad esclusione delle grandi imprese, dei gruppi d’impresa di rilevanti dimensioni, delle società con azioni di mercati regolamentati, delle società con azioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante, secondo quanto indicato nei regolamenti Consob, nonché delle imprese escluse per la specifica tipicità dell’attività svolta come quelle bancarie, assicurative, finanziarie e fiduciarie che normalmente sono soggette alla liquidazione coatta amministrativa.

Per quanto riguarda gli indicatori, l’art. 13 del Codice della Crisi e dell’Insolvenza statuisce che: “Costituiscono indicatori di crisi gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore, tenuto conto della data di costituzione e di inizio dell’attività, rilevabili attraverso appositi indici che diano evidenza della sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e delle prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso o, quando la durata residua dell’esercizio al momento della valutazione è inferiore a sei mesi, per i sei mesi successivi. A questi fini, sono indici significativi quelli che misurano la sostenibilità degli oneri dell’indebitamento con i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare e l’adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi. Costituiscono altresì indicatori di crisi i ritardi nei pagamenti reiterati e significativi, anche sulla base di quanto previsto nell’articolo 24”.

Da attenta lettura risulta chiaro che gli indicatori previsti dal Codice della Crisi e dell’Insolvenza e ritenuti idonei a monitorare lo stato di salute delle imprese sono:

  • gli indicatori finalizzati a rilevare gli squilibri di natura patrimoniali, finanziari e reddituali;
  • la sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi;
  • le prospettive di continuità aziendale;
  • i due indici significativi:
    – la sostenibilità dell’indebitamento con i flussi finanziari;
    – l’adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi;
  • i ritardi nei pagamenti reiterati e significativi

Relativamente alla prima tipologia – gli indicatori finalizzati a rilevare gli squilibri di natura patrimoniali, finanziari e reddituali – su specifica indicazione del Codice della Crisi e dell’Insolvenza all’art. 13, c. 2: “Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (CNDCEC), tenuto conto delle migliori prassi nazionali ed internazionali, elabora con cadenza triennale, in riferimento ad ogni tipologia di attività economica secondo le classificazioni I.S.T.A.T., gli indici di cui al primo comma che, valutati unitariamente, fanno ragionevolmente presumere la sussistenza di uno stato di crisi dell’impresa. Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (CNDCEC) elabora indici specifici con riferimento alle start-up innovative di cui al decreto-legge 18 ottobre 2012, n.179, convertito dalla Legge 17 dicembre 2012, n.221, alle PMI innovative di cui al decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 marzo 2015, n. 33, alle società in liquidazione, alle imprese costituite da meno di due anni. Gli indici elaborati sono approvati con decreto del Ministero dello Sviluppo Economico.

Stante l’Informativa n.45/2019 del 15 maggio 2019, il CNDCEC ha sottoscritto un protocollo d’intesa con Cerved Group SPA con cui si elaboreranno gli indicatori della crisi d’impresa. Certamente il contributo di Cerved sarà significativo e determinante considerato che lo stesso Cerved ha già prodotto un pregevole e utile studio commissionato dal Ministero di Grazie e Giustizia.

Cerved ha selezionato l’intera base di imprese presenti nei propri database negli anni 2011-2016, per coprire un arco temporale sufficientemente ampio ed ottenere evidenze strutturali e non influenzate dalla congiuntura economica. Sono state selezionate le società di capitale con bilanci che hanno manifestato situazioni di insolvenza nel periodo considerato ed è stato costruito un campione rappresentativo dell’economia italiana, abbinando ad ogni impresa insolvente una gemella in normali condizioni operative (campione bilanciato). La ricerca si è basata sull’analisi di indici ritenuti predittivi, semplici da calcolare e da interpretare.

Gli indici individuati sono stati i tre significativi previsti nella versione in bozza del codice:

Cash flow/Attivo Valuta la capacità dell’impresa di produrre flussi di cassa in rapporto alle attività investite
Patrimonio netto/ Passivo Valuta l’equilibrio tra i mezzi propri e i capitali di terzi (indebitamento)
Oneri finanziari/Ricavi Valuta l’incidenza degli oneri finanziari rispetto ai ricavi di esercizio

Dei sopra indicati tre indici si ricorda che il rapporto tra oneri finanziari e ricavi non è stato recepito nella versione definitiva del codice.

Il Cerved ha ritenuto significativo completare l’analisi utilizzando un indice di liquidità primaria ossia il current ratio, al fine di valutare la solvibilità aziendale:

Attivo corrente/Passivo corrente Valuta la solvibilità aziendale per il tramite del rapporto tra attivo corrente e passivo corrente

La ricerca ha individuato dei valori soglia al di sotto dei quali si entra in default. Tali soglie sono state determinate analizzando i bilanci relativi esercizi 2016 e 20017 di ben 936.999 imprese.
I valori soglia determinati dall’analisi empirica hanno poi permesso di fissare dei cutoff associati a tre diversi tassi di default delle aziende, tra cui 90%, 80% e 70% secondo tale schema di analisi:

Cash flow/Attivo Patrimonio netto/ Passivo Oneri finanziari/Ricavi Attivo corrente/Passivo corrente
Probabilita: 70%
2.7
6.0
1.8
93
Probabilità: 80%
0.3
1.5
10,3
40.2
Probabilità; 90%
-10,7
-6.3

In base all’analisi svolta il Cerved ha attestato che sarebbero segnalate ben 516 mila società (il 55% del campione) con soglie al 70%, 275 mila con una soglia dell’80% (27,7%) e 91.446 con una soglia del 90% (9,7%). I risultati, come riportato dallo studio, sono fortemente differenziati dalle dimensioni dell’impresa. In particolare per le micro imprese fino a 500.000 euro di fatturato l’utilizzo di soglie di allerta uniformi può alimentare i falsi positivi. Lo studio ha approfondito l’analisi considerando diversi parametri tra cui oltre alla dimensione anche il comparto, l’attività e l’età dell’impresa.
Relativamente alle dimensioni le società con meno di 500.000 euro di ricavi evidenziano un aumento delle segnalazioni dello stato di allerta, e precisamente ben il 62% delle società piccole risulta sopra soglia del 70% contro il 46,3% delle società medio grandi. Stessa situazione per le soglie dell’80% e del 90%.
Per quanto riguarda il settore lo studio riporta che le società che operano nel settore edilizio sono quelle che evidenziano una situazione più critica. Infine, con riferimento all’età le newco e le società più giovani hanno una propensione elevata allo stato di allerta.

Sembra chiaro che l’utilizzo di un identico sistema di soglie di indicatori per l’attivazione delle procedure di allerta possa risultare più rischioso e penalizzante per le imprese di minori dimensioni. Lo studio sembra proporre come soluzione, per rendere più efficiente l’utilizzo delle soglie di allerta, una combinazione di due o più indicatori contemporaneamente in modo da attivare le procedure solo quando la società superi almeno due dei quattro indicatori considerati.
Alla luce di tali considerazioni e preso atto che CERVED Group ha sottoscritto lo scorso 14 maggio un protocollo d’intesa con il CNDCEC per elaborare gli indicatori ai sensi dell’art. 13, c.1 del Codice della Crisi e dell’Insolvenza, è auspicabile che vengano previste specifiche soglie per le imprese di minori dimensioni.

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