Concordato preventivo biennale 2025/2026: cosa cambia con il decreto correttivo

Il tanto atteso “decreto correttivo”, Decreto Legislativo 12 giugno 2025, n. 81, ha completato il suo iter con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale n. 134 del 12 giugno 2025. La norma, al capo II, introduce significative modifiche alla disciplina del concordato preventivo biennale (CPB), tra cui particolarmente impattante risulta essere l’introduzione di nuove cause di esclusione e cessazione a carico dei liberi professionisti, società ed associazioni professionali.
Le novità introdotte si applicano ai concordati sottoscritti a partire dal biennio 2025/2026.
Indice
1. Nuovi termini di adesione e nuovi destinatari della proposta di concordato
2. Ridotta la portata della flat tax concordato
3. Libero professionista e associato o socio: la nuova causa di esclusione
4. Cause di esclusione e cessazione: il conferimento
5. Via libera alla maxi deduzione incremento occupazionale anche in regime di concordato
6. L’affidabilità premia il contribuente in termini di proposta
7. Versamenti omessi: salvo il concordato se si versa nei 60 giorni dall’avviso bonario
1. Nuovi termini di adesione e nuovi destinatari della proposta di concordato
Con la pubblicazione del decreto correttivo in GU viene definitivamente ufficializza la cessazione della fase sperimentale del CPB per i contribuenti in regime forfetario. Di conseguenza, gli articoli da 23 a 33 del D.Lgs. 12 febbraio 2024, n. 13 (capo III del cd. Decreto Concordato), sono abrogati a decorrere dal 1° gennaio 2025.
Osserva – Ne consegue che le nuove proposte, per il biennio 2025/2026 saranno dirette solo ai contribuenti cui si applicano gli ISA nell’anno di imposta 2024 e che già non hanno sottoscritto il concordato lo scorso anno.
Quanto ai termini di adesione, questi vengono posticipati dal 31 luglio al 30 settembre; per i soggetti IRES con periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare, il termine è esteso dalla fine del settimo mese alla fine del nono mese dalla chiusura dell’esercizio.
Osserva – Si osservi che non si tratta di una proroga, limitata alla campagna dichiarativi in corso, bensì di una modifica a regime.
Il 30 settembre rappresenta quindi l’ultima data utile per l’adesione al CPB, così come per l’eventuale espressione di revoca di una adesione precedentemente espressa; oltre tale termine, fermo restando il fatto che la trasmissione telematica dei dichiarativi può essere effettuata entro il 31 ottobre, le decisioni assunte con riferimento all’istituto del concordato saranno irrevocabili.
2. Ridotta la portata della flat tax concordato
L’articolo 8 del decreto introduce un’importante modifica alla cosiddetta “flat tax concordato”, imposta sostitutiva ad applicazione opzionale, rivolta ai soggetti che aderiscono al CPB e che presentano una differenza positiva tra il reddito concordato e il reddito effettivo dell’anno precedente.
Le aliquote agevolate (10% per ISA pari o superiore a 8; 12% per ISA tra 6 e 8; 15% per ISA inferiore a 6) saranno applicabili solo fino a una base imponibile massima di 85.000 euro. Oltre questa soglia, l’imposta sostitutiva si applicherà con un’aliquota del 24% per i soggetti IRES e del 43% per i soggetti IRPEF.
Nella sostanza, ciò significa che per un soggetto IRES il beneficio dell’aliquota ridotta rispetto a quella ordinaria potrà essere goduto fino ad una base imponibile massima di 85.000 euro, posto che al superamento della soglia la sostitutiva assumerà la medesima aliquota prevista per l’IRES, ovvero il 24%. Analogo meccanismo per i soggetti IRPEF, con l’ulteriore aggravio che in tal caso la sostitutiva sarà dovuta ad aliquota 43%, ovvero la massima possibile e, potenzialmente, superiore all’aliquota marginale applicabile al contribuente interessato.
Osserva – Si osservi che la modifica si applica a partire dalle adesioni per il biennio 2025-2026, a meno che l’adesione non venga stata esercitata prima dell’entrata in vigore del decreto. Pertanto, nell’improbabile caso di avvenuta adesione al CPB prima dell’entrata in vigore del correttivo, la flat tax per il biennio resta applicabile ad una base imponibile potenzialmente illimitata.
3. Libero professionista e associato o socio: la nuova causa di esclusione
Tra le misure introdotte dal correttivo, quella che, a parere di chi scrive, risulta essere maggiormente impattante, e non certamente in senso positivo per i contribuenti interessati, è quella che riguarda l’introduzione di nuove cause di esclusione e cessazione a carico dei liberi professionisti, società ed associazioni professionali.
Il decreto, infatti, introduce nuove cause di esclusione e cessazione dal CPB, con un impatto significativo sui professionisti che esercitano attività in forma individuale e partecipano contemporaneamente a associazioni o società professionali. L’obiettivo è assicurare che il concordato del singolo professionista e quello dell’associazione/società a cui partecipa viaggino in parallelo, ovvero tutti in regime di concordato, o nessuno.
La nuova causa di esclusione prevede che un contribuente che dichiara individualmente redditi di lavoro autonomo e, contemporaneamente, partecipa a un’associazione o società professionale (art. 5, comma 3, lett. c), TUIR; art. 10, Legge n. 183/2011; art. 4-bis, Legge n. 247/2012) non può aderire al CPB a meno che anche l’associazione o la società partecipata non aderisca a sua volta alla proposta di concordato per i medesimi periodi d’imposta.
Analogamente, un’associazione o società tra professionisti non può aderire al CPB a meno che tutti i soci o associati che dichiarano individualmente redditi di lavoro autonomo non aderiscano a loro volta alla proposta di concordato per i medesimi periodi d’imposta.
Attenzione – La richiesta condizione di concordato per tutti i soggetti interessati non è limitata all’adesione, ma deve essere monitorata per l’intero biennio.
Infatti, è stata introdotta anche una nuova causa di cessazione, che prevede che il concordato cessa per il contribuente con redditi di lavoro autonomo individuale se l’associazione o società professionale a cui partecipa non può più determinare il reddito tramite adesione al concordato per i medesimi periodi e, allo stesso modo, le associazioni e società professionali cessano dal regime del concordato se anche solo uno dei soci o associati che dichiarano individualmente redditi di lavoro autonomo non può più determinare il proprio reddito tramite adesione alla proposta di concordato.
4. Cause di esclusione e cessazione: il conferimento
Se sotto il profilo dei soggetti ammessi al concordato (o passibili di cessazione in un secondo momento) il quadro delineato dal correttivo si rivela ancora più complesso che in passato, quanto meno il decreto stesso contribuisce a mettere un punto fermo su una questione che nel tempo si è rivelata complessa.
Come noto, il conferimento d’azienda o di ramo d’azienda, se avvenuto nel primo anno di adesione al concordato (e prima dell’adesione stessa) rappresenta causa di esclusione dalla possibilità di aderire al CPB e, se intervenuto in costanza di concordato, rappresenta causa di cessazione. Il punto, era cosa dovesse intendersi esattamente per “conferimento”, ovvero se rientrasse in tale locuzione anche il conferimento di quote, crediti o denaro.
Ebbene, l’articolo 10 del decreto introduce una norma di interpretazione autentica riguardo alle operazioni di conferimento, precisando che per “operazioni di conferimento” si intendono esclusivamente quelle che hanno ad oggetto un’azienda o un ramo d’azienda, e non fattispecie diverse da queste ultime.
5. Via libera alla maxi deduzione incremento occupazionale anche in regime di concordato
A partire dalle adesioni per il biennio 2025/2026, la maxi-deduzione del costo dei lavoratori per incremento occupazionale a tempo indeterminato (articolo 4 del D.Lgs. 30 dicembre 2023, n. 216) viene introdotta agli articoli 15 e 16 del D.Lgs. n. 13/2024, divenendo così una “variabile non concordabile”.
Osserva – Pertanto, per i concordati già sottoscritti lo scorso anno (2024/2025) la maxi-deduzione rappresenta una variazione in diminuzione rilevante solo sul reddito effettivo e non su quello concordato e, quindi, in caso di CPB il beneficio viene perso.
A partire dai concordati sottoscritti per il biennio 2025/2026, invece, il reddito tassabile determinato in regime di concordato sarà ridotto dalla maxi-deduzione, che quindi sarà interamente fruita anche in presenza di CPB.
6. L’affidabilità premia il contribuente in termini di proposta
L’articolo 14 del decreto correttivo introduce una novità significativa nei criteri di formulazione della proposta di concordato. Vengono infatti introdotti nuovi tetti massimi alla maggiorazione del reddito proposto dall’Agenzia delle Entrate rispetto al reddito dichiarato nell’anno precedente (2024 per il CPB 2025/2026), in base al livello di affidabilità fiscale (punteggio ISA 2025 anno imposta 2024) del contribuente.
- Se il contribuente ha un ISA pari a 10, la proposta di reddito concordato non può eccedere il reddito dichiarato di oltre il 10%.
- Se l’ISA è pari o superiore a 9 ma inferiore a 10, la proposta non può eccedere il reddito dichiarato di oltre il 15%.
- Se l’ISA è pari o superiore a 8 ma inferiore a 9, la proposta non può eccedere il reddito dichiarato di oltre il 25%.
Questi limiti sono applicabili anche per la determinazione della proposta del valore della produzione netta (VPN) ai fini IRAP.
Per espressa previsione di norma, queste limitazioni non trovano comunque applicazione se la proposta risulta inferiore ai valori minimi settoriali di riferimento individuati nella metodologia. In tal caso, il reddito e il VPN IRAP proposti saranno comunque almeno pari a tale valore minimo settoriale.
7. Versamenti omessi: salvo il concordato se si versa nei 60 giorni dall’avviso bonario
L’articolo 15 del decreto correttivo modifica una delle cause di decadenza dal concordato preventivo biennale, probabilmente quella destinata a generare le maggiori preoccupazioni.
La disposizione prevede infatti che la decadenza interviene in caso di mancato versamento delle somme dovute solo se il pagamento non è avvenuto entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione (avviso bonario), prevista dall’articolo 36-bis, comma 3, del D.P.R. 600/1973.
In sostanza, se non si versano le somme dovute in ragione di una dichiarazione fiscale nella quale si fa valere il CPB, interviene decadenza. Prima della modifica introdotta, il contribuente poteva porre rimedio ravvedendo le somme dovute, ma tale possibilità veniva meno con la ricezione dell’avviso bonario. Ora viene concessa quella che potremmo definire come “ultima possibilità”: non decade il contribuente che non versa il dovuto, non ravvede e riceve l’avviso bonario, ma solo a condizione che il dovuto sia versato entro 60 giorni dall’avviso stesso.