Dichiarazione IVA e violazione relativa al visto di conformità

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Con le sentenze n. 7153, 7154 e 7160 del 17 marzo 2025, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio ormai consolidato in tema di fiscalità: l’omessa apposizione del visto di conformità sulla dichiarazione IVA, laddove il credito vantato sia certo, documentato e non contestato, non configura una violazione sostanziale, bensì meramente formale. Tali pronunce si collocano nel solco tracciato da decisioni precedenti (Cass. nn. 14158/2018, 5289/2020, 25736/2022), contribuendo a delineare un orientamento giurisprudenziale improntato al primato della sostanza sulla forma.

Indice

1. Il quadro normativo e il ruolo del visto di conformità
2. La posizione della Cassazione: violazione formale e principio di offensività
3. Principio di proporzionalità e collaborazione fisco-contribuente
4. Efficacia limitata della pronuncia: il contesto normativo attuale

1. Il quadro normativo e il ruolo del visto di conformità

Ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. a), n. 7 del D.L. n. 78/2009, i contribuenti che intendono utilizzare in compensazione crediti IVA superiori a determinate soglie (attualmente pari a 5.000 euro) devono munire la dichiarazione del c.d. “visto di conformità”.

L’Agenzia delle Entrate ha storicamente interpretato l’assenza del visto come violazione rilevante, tale da legittimare il recupero del credito e l’applicazione di sanzioni analoghe a quelle previste per l’omesso versamento.

2. La posizione della Cassazione: violazione formale e principio di offensività

La Suprema Corte, con le richiamate decisioni del 17 marzo 2025, ha chiarito che la mancata apposizione del visto, in assenza di contestazioni sulla legittimità del credito, non produce effetti sostanziali sull’obbligazione tributaria. Essa rappresenta, infatti, una carenza meramente formale che non lede l’interesse erariale, né ostacola le attività di verifica da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Di conseguenza, i giudici hanno fatto applicazione dell’art. 6, comma 5-bis, del D.Lgs. n. 472/1997, secondo cui le violazioni formali prive di rilevanza fiscale non danno luogo all’applicazione di sanzioni.

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3. Principio di proporzionalità e collaborazione fisco-contribuente

Le sentenze pongono altresì l’accento sull’esigenza di una interpretazione del diritto tributario conforme ai principi europei di proporzionalità e ragionevolezza, confermando che la funzione delle sanzioni è quella di colpire condotte effettivamente pregiudizievoli per il sistema fiscale.

Non è giustificabile l’applicazione automatica di sanzioni in assenza di danno concreto o di intento elusivo.

4. Efficacia limitata della pronuncia: il contesto normativo attuale

È doveroso segnalare che, sebbene le sentenze in oggetto non affrontino espressamente tale aspetto, la disciplina attuale – a seguito delle modifiche introdotte dal D.L. n. 50/2017 all’art. 10 del D.L. n. 78/2009 – prevede che l’omessa apposizione del visto legittima non solo l’applicazione di sanzioni, ma anche il recupero del credito IVA compensato indebitamente. Di fatto, questa previsione normativa limita l’ambito applicativo del principio affermato dalla Cassazione alle sole ipotesi anteriori alla riforma.

Inoltre, l’indebita compensazione è oggi sanzionata ai sensi dell’art. 13, comma 4, del DLgs. n. 471/1997, con l’applicazione di una sanzione pari al 25% del credito utilizzato senza titolo, per violazioni commesse a partire dal 1° settembre 2024.

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