Validità dei contratti collettivi

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Il contratto collettivo di diritto comune vincola esclusivamente gli aderenti alle associazioni sindacali che lo hanno stipulato. Ha un contenuto liberamente determinato dalle parti, nei limiti imposti dalla legge, e va interpretato secondo i canoni civilistici di ermeneutica contrattuale. Infatti, secondo il costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità, non è ravvisabile nel nostro ordinamento alcuna norma ordinaria o costituzionale che imponga la parità di trattamento dei sindacati all’interno delle imprese ai fini dell’accesso alle trattative o alla stipula degli accordi.

Rapporto tra contratti collettivi di diverso livello

In questo quadro normativo, il rapporto tra le norme contenute nel contratto collettivo nazionale e quelle pattuite a livello aziendale non viene regolato in base ai principi di gerarchia (secondo cui prevale la normativa di livello superiore) o di specialità (che implica invece la prevalenza dell’accordo aziendale in quanto più prossimo agli interessi disciplinati) propri delle fonti legislative, né secondo il principio del favore nei confronti del lavoratore (secondo cui l’accordo di livello inferiore può introdurre solo trattamenti migliorativi), ma sulla base della effettiva volontà manifestata dalle parti stipulanti.
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Esso si caratterizza in ragione di una reciproca autonomia delle due regolamentazioni, che trova concreto riscontro nel modello contrattuale articolato su due livelli (nazionale e aziendale/territoriale) con competenze separate e predeterminate, ma tra esse coordinate.
Ne consegue che seppure il trattamento economico e normativo dei singoli lavoratori sia costituito nella sua globalità dall’insieme delle pattuizioni dei due diversi livelli contrattuali, il complesso della disciplina nazionale e di quella aziendale, egualmente espressione dell’autonomia privata, si differenziano per la loro distinta natura e fonte negoziale.

In definitiva i rispettivi fatti costitutivi ed estintivi non interagiscono, rispondendo ciascuna disciplina a proprie regole in ragione dei diversi agenti contrattuali e del diverso ambito di operatività territoriale. Da questa valenza paritetica delle due fonti negoziali derivano importanti conseguenze: la nuova disciplina stabilita a livello aziendale può modificare in senso meno favorevole quella precedente contenuta nel contratto nazionale e, per converso, anche l’accordo aziendale preesistente può essere derogato dal nuovo contratto nazionale.

Efficacia soggettiva degli accordi aziendali

La giurisprudenza è orientata da tempo in senso favorevole al riconoscimento agli accordi collettivi aziendali di un’efficacia vincolante analoga a quella del contratto collettivo nazionale. Come il contratto nazionale anche il contratto aziendale è destinato a introdurre una disciplina collettiva uniforme dei rapporti di lavoro riguardanti tutti i dipendenti di una determinata impresa o unità produttiva, ancorché non iscritti ai sindacati stipulanti.

La generalizzata efficacia soggettiva va tuttavia conciliata, da un lato, con il limite invalicabile del principio costituzionale di libertà, di organizzazione e di attività sindacale e dall’altro collocata in un sistema fondato sui principi privatistici della rappresentanza negoziale delle organizzazioni sindacali.

Per questo motivo, nell’ipotesi di accordo aziendale sottoscritto solo da alcune organizzazioni sindacali e in presenza di un esplicito dissenso da parte di altre organizzazioni, il criterio sopra indicato potrebbe subire un’eccezione con riferimento ai lavoratori aderenti alle organizzazioni dissenzienti (non potendo tra l’altro escludersi che tali lavoratori risultino addirittura vincolati da un accordo separato e di diverso tenore). Nell’ipotesi appena formulata appare pertanto illecita la pretesa datoriale di esigere il rispetto dell’accordo aziendale anche nei confronti dei lavoratori dissenzienti in quanto iscritti a un’organizzazione sindacale non firmataria.

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